giovedì 17 novembre 2011

Minuscolo e Maiuscolo


Ho partecipato ad un concorsino con questa piccola favoletta. Piccola ma grande per me. La nonna è davvero la mia e il ricordo di quel posto è ancora vivo nella mia memoria. Un'infanzia serena, un pensiero prezioso.

"I miei occhi di bimba vanno dal basso verso l’alto in un mondo fatto per i grandi. Latte, acqua, biscotti…mmhh, i miei preferiti! “Me li compri nonna?”. Mano nella mano con lei a far la spesa, nella bottega di paese piena zeppa di tante cose, che il posto non c’è ma bisogna pure trovarlo. E allora si poggia tutto per terra, ad altezza bambini curiosi. Marisa è sempre gentile, dispensa dolci parole e caramelle altrettanto dolci. “Nonna, i boeri!”. Cioccolatini ripieni di liquore e neanche tanto buoni. Ma la magia è un’altra: ne compri uno, lo apri e scopri che puoi vincerne ancora. E ancora.

Ed è pura magia anche quando i biscottini ed i boeri si animano di anime danzanti, si prendono a braccetto nella bottega minuscola e fanno il girotondo intorno a me. “Gira con noi, Teresa! Giro giro tondo casca il mondo, casca la terra…”. Mi metto a ballare in cerchio sotto gli occhi benevoli delle matrone intente alla spesa, occhi che dicono “Gioca da sola, la piccola Teresa! Che fantasia hanno i bambini!”. Sì, noi minuscoli abbiamo fantasie maiuscole. I biscottini e i boeri fanno a gara per baciarmi e io mi faccio rapire estasiata dall’incanto della scena.

La nonna accenna un sorriso. La vedo dal basso oltre la sua borsa di paglia, con in mano un bigliettino di carta stropicciato e dall’inchiostro incerto. “Domani si fanno le tagliatelle, Teresa. Mi aiuti a comprare ciò che mi serve?”. Oh sì, nonna! Come è bello vederla lavorare, minuscola anche lei, spingere un mattarello maiuscolo, spianare, per ore, senza stancarsi…“Biscottini, boeri, svelti, tutti a posto! Vi porto a casa con me!”, li esorto. Mi dimostrano la loro gioia saltellando. “Farina, uova, mi serve solo questo, Marisa”, dice la nonna. No, aspetta, così non va bene! “Nonna i biscotti!! Nonna nonna, i boeri!!”. La mano rugosa torna a racchiudere la mia mano piccina e i biscotti riempiono la borsa di paglia. Ho le tasche piene di boeri. E un sorriso maiuscolo dipinto sul mio volto minuscolo."

venerdì 9 settembre 2011

San Miniclub


Che poi a Monaco mica ci siamo più stati. Troppo stress, un viaggio troooooppo lungo con due esserini a modo come i miei pargoli nei sedili posteriori. Due che non resistono nemmeno 10 minuti prima di dire: "Mamma quanto manca? Quando siamo arrivati? Mamma ho sete! Mamma ho fame! Mamma ho caldo! Accendi il condizionatore?" .... etc, etc. Per non parlare dei litigi. La fine di uno è l'inizio di un altro. I-N-S-O-P-P-O-R-T-A-B-I-L-I!

Quindi abbiamo optato per una settimana rilassante in un albergo abruzzese. Mare e piscina e soprattutto, e sottolineo soprattutto, l'insostituibile Miniclub!!! :)) Bimbi impegnati mattina e sera in varie attività, avendo io addirittura il lusso di poggiare il sedere sulla sdraia per più di 15 minuti consecutivi. Il massimo della vita.

Peccato sia finita, via. Se ne riparla l'anno prossimo, sempre che San Miniclub ci protegga.


venerdì 22 luglio 2011

Sì viaggiare (ma anche no)


Mi preparo per partire. Vado in vacanza (più o meno). I viaggi mi hanno messo sempre ansia. La parte più importante del viaggiare è il viaggiare stesso. Non è il raggiungimento della meta ma il viaggio in sè. Coelho docet. Ed è così, è la semplice e banale metafora della vita, in cui non è importante nascere e morire ma il percorso che porta da A a B, cioè la vita stessa.
Ed ecco che si spiega, forse, il disagio che provo nel viaggiare. Tutte le volte che devo partire ho la febbre. O mal di stomaco. O mal d'orecchi. Tutte le sante volte. Il mio corpo si ribella, sa che la mia testa vuole stare a casa...Che io abbia paura di vivere, di vivere appieno la vita?

Se devo prendere il treno sono in stazione un'ora prima...non si sa mai. E se devo prendere una coincidenza, faccio in modo che tra l'arrivo del primo treno e la partenza del secondo ci siano almeno due ore. Mi tranquillizza sta cosa.

Se devo prendere la nave, so che il mio cervello oscillerà nella scatola cranica almeno una settimana dopo la fine del viaggio...con lo stesso moto ondulatorio dell'imbarcazione stessa.

Se devo prendere l'aereo....no, l'aereo non lo prendo proprio.

Solo l'auto, il mezzo più pericoloso tra quanti citati fino ad ora, paradossalmente mi da tranquillità. Adoro guidare. Ed essere guidata. Però, anche questa cosa, non può essere esente da ansia, non sarei coerente. Innanzitutto ci sono le valigie da preparare...e non è cosa da poco. Poi ci sono i bimbi da tenere a bada per la durata del viaggio. E loro sì che mettono ansia...non ci posso pensare.

Ecco, noi lunedì andiamo a Monaco. Sette o otto ore di macchina, con i bimbi....come ho fatto a farmi convincere?

In attesa del ritorno vi bacio,
Semalutia

mercoledì 6 luglio 2011

Convalido l'iscrizione a Paperblog sotto lo pseudonimo di semalutia

domenica 15 maggio 2011

Matematica sentimentale


Discorsi e ricorsi. Esistenziali e non. Mi accorgo che mi stanno ancora stretti, come lo erano quando avevo sedici anni. Come se il mio interlocutore si fosse ibernato e fosse ritornato in vita oggi, ma con la mentalità di ieri. Come Capitan America. Il mio Capitan America inanella banalità su banalità, credendole verità assolute. Spacciandole per verità assolute. Esattamente come 20 anni fa. Tutto dovrebbe cambiare, mutare...a questo punto non tutto. Mi dico che le certezze più ferree se le da chi è estremamente insicuro. Ti dai dei paletti rigidi perchè non riusciresti ad andare avanti, a vivere, se così non fosse.

E poi tutto o è bianco o è nero. Abbasso le sfumature. Ahhh, come è tutto più semplice, lineare, certo. Come fosse governato da un'assoluta matematica sentimentale, dove 2+2 fa necessariamente 4, non ci sono santi. Magari. O forse anche no.

Sta di fatto che mi indispongo un po'. Venti anni fa mi incazzavo proprio. Ora mi do pace. Venti anni fa quegli stessi discorsi erano rivolti a me, oggi no, sono in generale. Non mi toccano più. O non dovrebbero. Ma mi indispongono uguale.

Io sono cambiata, Capitan America no.

sabato 14 maggio 2011

Ci sono notti che sono accadute


Carissimi! Presentazione del libro fatta il 9 maggio scorso, davanti ad una platea di una cinquantina di arbitri della Sezione di Jesi, attenti e silenziosi. Una grandissima soddisfazione personale davvero. Eccola qua.

"Sull’onda emotiva degli elenchi di Saviano e Fazio presentati a Vieni via con me, anche io stasera vorrei iniziare proponendovene uno, spero abbiate piacere di condividerlo con me, come io ho piacere di condividerlo con voi.

SONO QUI PER…

Sono qui per presentarvi un ragazzo talentuoso.

Sono qui per presentarvi un ragazzo che ha lasciato la sua amata terra, la Puglia, e che ama la città che lo ospita come quella natia.

Sono qui per presentarvi un arbitro.

Sono qui per presentarvi un copywriter.

Sono qui per presentarvi uno scrittore.

Sono qui per parlare di un libro, di un gran bel libro. Un libro di sentimenti nell’era del web 2.0.

Un libro che si fa leggere bene.

Un libro che ti coinvolge.

Un libro che mescola esperienze di vita vissuta a fatti romanzati.

Un libro che ci rispecchia.

Un libro che parla di noi.

Come Cristiano Carriero stesso descrive nel suo sito, Ci sono notti che non accadono mai (questo è il titolo del romanzo, opera seconda del giovane autore) racconta “l’amore ai tempi delle lettere – l’amore ai tempi del telefono fisso – l’amore ai tempi degli sms – l’amore ai tempi delle prime mail – l’amore ai tempi dei social network. Cinque storie in una grande storia, d’amore”.

La storia di Edoardo, pugliese come l’autore, che lascia la sua terra per andare a Milano e lavorare in agenzie di pubblicità; la storia di Gaia, studentessa universitaria alle prese con una tesi su Facebook e sulle relazioni umane ai tempi dei social network. Le storie di questi due ragazzi si intrecciano per caso, proprio per via dei quella tesi. Come sfondo e contorno, le loro amicizie, il lavoro, lo studio…. la lettura si arricchisce poi di numerosi flashback che narrano il percorso di Edoardo, le esperienze di vita e quelle amorose. Tutto il romanzo ruota attorno all’amore. L’amore adolescenziale, quello che avrebbe potuto essere, quello incontrato durante i viaggi, quello della maturità. Non è propriamente una storia autobiografica ma Cristiano ci mette sicuramente del suo, le sue esperienze di vita, i suoi amori, le sue passioni. E lo fa con garbo, con uno stile che lo contraddistingue e che abbiamo già visto ne “In giro per l’Europa con la maglia di Vieri” sua opera prima. Come per la sua prima opera, anche in questa l’autore prende spunto dal suo quotidiano e ci costruisce sopra un romanzo. Il romanzo che potremmo vivere ciascuno di noi.

Come dice Cristiano “una storia fatta di tante storie e tanti personaggi. Dedicata a chi ama, ha amato e ama amare. E ricordare”.

Lo stile è semplice, asciutto e diretto. Va diretto al cuore insomma. E’ la parafrasi di quello che, più o meno, tutti un po’ abbiamo vissuto o stiamo vivendo e lo stile narrativo fluido lo rende accattivante. Si ha proprio voglia di arrivare in fondo, di capire cosa succederà ai protagonisti. Protagonisti che si circondano di un corollario di figure dalle sfaccettature variegate: Ennio, il collega guascone di Edoardo, Samuele e Luis amici di infanzia e di viaggi, Dalila, la ragazza che ha amato e che forse non ha dimenticato; Sara, l’amica naif di Gaia, Alessandra, l’altra più matura compagna di appartamento, Lorenzo, l’amico di sempre, quello che è pronto ad ascoltare e confortare. Ma, soprattutto, Edoardo e Gaia “eroi romantici”spudoratamente attuali. E’ una tesi su Facebook che li fa incontrare, ed è sempre la stessa tesi che li fa innamorare. Quello che è materia di discussione per lei e correzione per lui, non fa altro che uscire da se stesso e materializzarsi nella vita reale. Il social network oggetto di studio sociologico sui rapporti umani e sulle interazioni tra individui, perde la sua virtualità e permette che l’amore sbocci sul serio e che sia vissuto sul piano della mera realtà. Come ogni traghettatore di sentimenti che si rispetti…come lo erano le lettere un tempo, oggi questo compito è svolto dal web. E Cristiano è puntuale e dettagliato nel saperlo raccontare.

Dicevamo che Cristiano è al secondo romanzo. E’ maturato e si vede. Lo stile si asciuga, si fa solido nel narrare una storia semplice ma allo stesso tempo complessa. Resa complessa anche grazie ai flashback che ne imperlano la struttura, che riportano il giovane Edoardo ai ricordi della sua adolescenza e che ci aiutano a caratterizzarlo sempre meglio, man a mano che si va avanti nella lettura. E Gaia, studentessa modello alle prese con le fasi finali della sua carriera universitaria, è davvero una ragazza 2.0. Insomma loro si innamorano, ma anche il lettore si innamora di loro.

Per concludere posso dire che, per quanto mi riguarda, posso aggiungere solo una cosa. Il romanzo l’ho letto due volte e mi appresto a leggerlo una terza volta, quindi ho voce in capitolo per dire che è un bel romanzo. Scorrevole, piacevole, in cui, chi più chi meno, possiamo riconoscerci un po’ tutti. E goderne un po’ tutti. Non vi svelerò di più la trama né ovviamente il finale. Diciamo che io, arrivata in fondo, mi sono commossa, tutte e due le volte che l’ho letto. Un motivo ci sarà."


Semalutia

sabato 30 aprile 2011

Ci sono recensioni che non accadono mai (forse)


Recensire, questo è il problema. Difficile, difficilissimo per chi non è uso farlo. Da dove si comincia? Quanto si deve disvelare della trama? Ed i commenti personali quanto contano non essendo un critico professionista? Bhè, partiamo dall'inizio.

Ho fatto la correttrice di bozze per un romanzo. Un romanzo di un amico. La passione l'ho sempre avuta...leggo un libro ed ho sempre la matita a portata di mano, per annotazioni personali e per eventuali refusi da scovare. Che ci sono sempre, vi garantisco. Ho corretto pure un congiuntivo a Gomorra di Saviano. Perchè, pur leggendolo e rileggendolo, qualcosa sfugge sempre. Anche la mia tesi di laurea, per esempio. Letta io miliardi di volte e fatta rileggere a svariate persone per ulteriori miliardi di volte. Discussa, accantonata, riletta...refusi, c'erano altri refusi. Va sempre così. I correttori di bozze sono poi figure che rimangono nell'ombra, nemmeno si capisce, a volte, la loro utilità. Eppure sono fondamentali. Aggiustano tempi verbali e sintassi, mettono e tolgono punteggiature, spesso intervengono anche sulla sostanza. Insomma un grande romanzo è sì merito dell'autore, ma anche del suo correttore di bozze.

Ho corretto questo bel romanzo "Ci sono notti che non accadono mai" di Cristiano Carriero. Io ve lo consiglio. Perchè è un bel libro e perchè l'ho corretto io. Ora, sono stata chiamata (e per me è un grande onore) a recensirlo e a leggere la mia recensione davanti ad un pubblico. Oddio, mentre lo scrivo mi viene l'ansia. Anche perchè il tempo stringe ed ancora non è definita alla perfezione. Alla mia tesi ero tranquilla (ormai quello che era stato fatto era stato fatto), spero di esserlo anche quel giorno. Non mi spaventa tanto parlare in pubblico, con le parole me la cavo abbastanza bene. E' scrivere che mi mette in crisi. Scrivere una recensione. Mi ricorda quando ero bambina e dovevo fare riassunto e commento dei libri che ci davano da leggere a scuola. Sul riassunto me la cavavo (il dono della sintesi non mi è mai mancato), era il commento che mi fregava. Era sempre troppo corto e troppo asciutto. Eppure un parere ce l'avevo pure io su quanto letto, che si sappia. Forse (paura che ho tutt'ora) avevo timore che il mio parere non fosse poi così interessante e così tagliavo corto.

Sta di fatto che ci lavoro da un po'. A puntate. Ed ancora non sono soddisfatta. Ma il tempo stringe e mi devo dare una mossa. Comunque vada vi farò sapere.

Augurandomi che non ci siano, per me, il giorno dell'esposizione, troppi correttori di bozze.

martedì 26 aprile 2011

A feste passate....


Passate anche queste feste. Passate a cercare qualcosa di interessante da fare, o da vedere, cercando di scacciare la noia e di allontanare i pensieri. Non ho mai odiato le feste, devo dire la verità. Ma comincio a capire chi ne è insofferente. Sì, forse sono diventata insofferente. Acida e stizzosa come una zitella...e dire che non posso nascondermi nemmeno dietro a questa scusa, non essendo single. Mi ripeto che passerà. Nessun anno è uguale all'altro, nessun giorno è uguale all'altro. E sì, si cambia. Quello che si sente oggi potrebbe non essere quello che si sentiva ieri. Sarebbe bello da una parte rimanere sempre se stessi...uno avrebbe almeno questa di certezza, che, qualsiasi cosa potesse succedere, si rimarrebbe sempre fedeli a se stessi, nel bene e nel male. Ma non è così. E forse è anche giusto che non lo sia.

Se si cresce si cambia, è normale. Cambia il contesto intorno a noi. Evolve. E noi con lui. L'incertezza però spiazza. Tutti. Noi in primis, ma anche chi ci circonda. E si fa sempre tanta fatica ad adeguarsi, a prenderne atto, a spostare gli equilibri, a cambiare in funzione di.

Anche queste feste sono, per fortuna, passate. Si ritorna alla "sana" routine. Quella che ti incastra in meccanismi stereotipati ma collaudati, quella che non ti da tempo e modo di annegare in sterili elucubrazioni mentali. Quella che ti fa andare avanti, come quando imbocchi la metropolitana nell'ora di punta e ti accorgi che non puoi andare controcorrente ma devi seguire il flusso delle persone...la routine è un flusso che devi seguire, che non ti fa prendere decisioni diverse da quelle che "devono" essere prese per onorarla.

Buone feste a chi ha ancora il gusto di viverle con piacere.

sabato 16 aprile 2011

Pane e tulipani


Sono tornata. Sono tornata per rimanere. Dopo tantissimo tempo torno ad aggiornare il blog, è una sensazione nuova, come la prima volta. Alcuni di voi mi hanno scritto, hanno chiesto come stavo, se avevo voglia di tornare a scrivere. Sì, ho voglia. Tanta.

Il pane non lo mangio che sono sempre a dieta, ma i tulipani li adoro. Sono i miei fiori preferiti. Segnano l'arrivo della primavera meglio di qualunque altro fiore, durano poco e poi, una volta sfioriti, non rifioriscono e si faranno rivedere solo la primavera successiva.

Mi sento un po' così, come un tulipano. E come la protagonista di pane e tulipani. Mi chiedo ciclicamente se questa è davvero la vita che avrei voluto. E mi rispondo di sì, l'ho desiderata, voluta, cercata...perchè allora, a volte, mi sta così stretta? Rifarei di nuovo le scelte che ho fatto, potessi tornare indietro? Francamente non lo so, forse non tutte. Eppure, apparentemente, non mi manca nulla. E non saprei dire cos'è che cerco veramente. La tensione dell'uomo è naturalmente protesa verso quello che non ha, verso il diverso da sè. Forse è solo questo. Provare a reinventarsi un po', a ricostruire se stessi, a trovare il bello che c'è...

So che vorrei tornare la ragazza che ero...quella infuocata dalla vis politica, sociale...quella propositiva, quella aperta a nuove conoscenze...l'universitaria pasionaria ed appassionata. Il ruolo di mater familias non mi caratterizza, non mi descrive....io non sono questo, o, almeno, non sono solo questo. Andare avanti è la sola cosa che si può fare però...ed io mi domando se ci riuscirò....

Sono un tulipano che non mangia pane.